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Allena il tuo cervello e ritardane l'invecchiamento

venerdì 30th agosto

Fino a qualche tempo fa il deterioramento delle nostre facoltà mentali sembrava  certo per tutti. Sebbene sia vero che col passare degli anni il numero dei neuroni diminuisce, sono le sinapsi fra essi le responsabili dell’acutezza del nostro cervello. Dunque, sembra che per mantenere la nostra mente agile e attiva basti svolgere attività che ci permettano di produrre sinapsi e che stimolino le diverse aree del nostro cervello, proprio come se si trattasse di una ginnastica.

Il dott. Giuseppe Alfredo Iannoccari, neurospicologo, docente di Scienze Umane all'Università Statale di Milano e presidente di Assomensana, spiega che importanti studi scientifici avviati oltreoceano negli anni '50 da Rita Levi Montalcini e Victor Hamburger, alla Washington University di St. Louis (USA), e negli anni ′80 da Yves Bard del Max Planck Institute di Monaco (D), hanno dimostrato che il cervello opportunamente stimolato produce particolari proteine, le neurotrofine. Queste nutrono il cervello prevenendo l’apoptosi (morte cellulare) e accrescono le ramificazioni dendritiche (al termine delle quali si trovano le sinapsi) e le connessioni tra i neuroni, che costituiscono la potenza di calcolo del nostro cervello. Questi studi, spiega, hanno confermato che il cervello è “plastico”, ossia si modifica in base agli input che gli provengono dall’esterno. Tale “plasticità cerebrale” consente al cervello di riorganizzarsi in modo più efficiente per lavorare al meglio anche dopo aver subito un trauma o un insulto neurologico.  Ritornando alle neurotrofine, queste non possono essere assunte dall’esterno ma vengono prodotte solo dalle cellule stesse. Ecco quindi che opportuni esercizi di “ginnastica mentale” (questa denominazione è un marchio registrato da Assomensana) stimolano specifiche aree cerebrali e potenziano le cellule e i collegamenti tra loro. Gli esercizi devono riguardare tutte le funzioni mentali (attenzione, concentrazione, memorie, ragionamento, logica, creatività, linguaggio ecc.) che si riagganciano alla maggior parte delle aree del cervello.

Per approfondire sull’argomento, il dott. Giuseppe Alfredo Innoccari, la dott.ssa Annapaola Prestia
(psicologa esperta in neuropsicologia, Research Assistant presso l'IRCCS Fatebenefratelli di Brescia e coordinatrice cooperativa ITACA, centro diurno per malati di Azlheimer "F.Candussi" di Romans d'Isonzo) e la giornalista e direttrice del magazine Essere Benessere Ilaria Sicchirollo hanno gentilmente risposto ad alcune domande.

 

Il nostro cervello invecchia e si impigrisce col passare degli anni. Esistono delle attività che possono combattere queste insidie o il futuro della nostra mente è già scritto?

Dott. Iannoccari: La fisiologia degli esseri viventi conduce inesorabilmente all’invecchiamento. Se è vero che la mente è collegata alle strutture neuroanatomiche (questo è ciò che ad oggi dice la scienza), allora è inevitabile che il declino dell’organismo porti via con se anche le funzioni mentali. Tuttavia, ogni individuo invecchia seguendo una traiettoria del tutto peculiare: c’è chi invecchia male fisicamente ma non risente affatto del declino cognitivo e viceversa. In più, nell’invecchiamento mentale si possono perdere alcuni domini a dispetto di altri (ad esempio, si può indebolire qualcuna delle circa 15 tipologie di memoria e mantenere intatto il ragionamento o la creatività ecc.). Ma l’invecchiamento non è solo perdita, poiché con passare del tempo la nostra mente acquisisce altre abilità, come la capacità di analizzare un problema tenendo conto di più punti di vista e di trovare soluzioni migliori rispetto a quanto poteva avvenire a 20 anni. Per invecchiare al meglio e combattere le insidie del tempo è necessario quindi mantenersi attivi e non lasciarsi sopraffare dalla pigrizia mentale.

Dott.ssa Prestia: Per fortuna il futuro del nostro cervello non è già scritto. Alcuni articoli pubblicati anni fa su Neurology sostenevano che le attività piacevoli proteggono dall’invecchiamento cognitivo, perché il nostro cervello è come un muscolo che deve essere allenato. Come dicono gli americani: use it or lose it.

Dott.ssa Sicchirollo: L’invecchiamento è un processo inevitabile e non si può cancellare. È però possibile rallentarlo attraverso l’esercizio. Come l’attività fisica permette di mantenersi in forma, e conservare il corpo più giovane e scattante, così l’esercizio mentale aiuta a tenere viva l’attività cerebrale e la reattività della nostra mente.

 

Si dice che il cervello inizi a perdere parte delle sue facoltà a partire dai 30 anni. Cosa possiamo fare per frenare il declino graduale delle nostre capacità cognitive? Esistono delle tecniche o dei segreti?

Dott. Iannoccari:  Si stima che a partire dai 30 anni il nostro cervello perda circa 100 mila neuroni al giorno, che coincide mediamente con l’1% di efficienza all’anno. Il che significa che a distanza di 20 anni il nostro cervello ha perso un quinto di efficienza e, infatti, a partire dai 50 anni i segni del tempo si fanno più evidenti. Molti credono che l’attività lavorativa che si svolge, qualunque essa sia, possa da sola mantenere allenato il cervello. In realtà, il lavoro tende a specializzare alcune aree del cervello a discapito di altre, che invece non vengono coinvolte durante l’impegno professionale. Al momento non esistono bacchette magiche che possano annullare i segni della clessidra, ma il modo migliore per contrastare il declino (oltre a seguire stili di vita improntati ad una buona igiene del sonno, alimentazione, socializzazione e pensiero positivo) è assumere un atteggiamento improntato alla “curiosità”, un vero e proprio toccasana per la nostra mente e un antidoto alla pigrizia mentale, il nemico numero uno del cervello.

Dott.ssa Prestia:  Innazitutto bisogna dire che una pillola della memoria non esiste. E che sia l’età sia il cessare delle attività (come per esempio andare in pensione) partecipano al declino delle funzioni mentali. Però esistono dei trucchi che aiutano a contrastare questo deterioramento. Ci sono  infatti dei semplici esercizi da fare  tutti i giorni durante il “quarto d’ora della memoria”. Per esempio, possiamo raccontare a qualcuno quello che abbiamo visto al telegiornale, cercare di ricordare canzoncine e storielle di quando eravamo piccoli o imparare i numeri di cellulare dei nostri amici e parenti. Sembrano solo piccole cose ma costituiscono tecniche che possono davvero aiutare ad allenare la nostra memoria.

Dott.ssa Sicchirollo: Da anni mi occupo di stile di vita sano e di come questo influisce sul nostro benessere. Uno stile di vita sano, fatto di corretta alimentazione, costante attività fisica, niente fumo, un consumo moderato di alcool, poco stress e relazioni sociali positive e appaganti, è alla base di una vita lunga e felice. Poi è necessario tenere il cervello bene allenato: leggere, parlare, raccontare, interagire, risolvere piccoli problemi, fuggire la routine: tutte attività che soddisfano il bisogno di realizzazione personale e mantengono il cervello allenato e reattivo.

 

C’è un’età a partire dalla quale si consiglia di esercitare il cervello o è preferibile  farlo fin da piccoli?

Dott. Iannoccari: Da poco abbiamo concluso una sperimentazione con 300 bambini delle scuole elementari ai quali abbiamo insegnato nuove strategie di apprendimento del materiale didattico e abbiamo rilevato che i loro risultati sono stati migliori rispetto al gruppo che non ha appreso le strategie di memorizzazione. Il loro vantaggio nel futuro scolastico è prevedibilmente più favorevole rispetto ai coetanei che non hanno acquisito alcuno strumento di apprendimento. Quindi, è preferibile abituare il nostro cervello a lavorare metodicamente fin da piccoli, come si fa con la ginnastica. Chi ha iniziato da piccolo a praticare uno sport si ritrova in età avanzata con molti più vantaggi (riduzione del peso corporeo, migliori livelli cardiovascolari, riduzione del diabete e dell’ipertensione ecc.) rispetto a chi ha condotto una vita pacata e sedentaria. Quanto prima iniziamo ad attivare il cervello tanto più incrementiamo la “riserva cerebrale” (numero di terminazioni nervose date dalla somma tra quelle predisposte geneticamente e quelle stimolate dall’attività mentale che intratteniamo) e la “riserva cognitiva” (qualità delle performance delle diverse abilità mentali). Le riserve cerebrale e cognitiva allungano il periodo in cui il nostro cervello lavora al meglio. Anche se non è mai troppo tardi per iniziare, prima lo facciamo e meglio è. Come diceva J.F. Kennedy “il tetto va riparato quando splende il sole”.

Dott.ssa Prestia: Gli esseri vivienti vivono in interazione con l’ambiente fin da piccoli e dunque iniziano ad allenare il cervello dalla loro nascita. Alcuni esperimenti realizzati con scimmie hanno dimostrato che due animali gemelli cresciuti in due ambienti diversi (uno arricchito ed uno vuoto) sviluppano cervelli diversi (grandezza, peso e abilità). Dunque allenare la mente fin da piccoli ci darà risorse che ci aiuteranno ad affrontare l’invecchiamento fisiologico del cervello.

Dott.ssa Sicchirollo: Come per tutte le buone abitudini, è preferibile iniziare da piccoli: abituiamo i nostri figli a essere curiosi, a fare domande senza accontentarsi della risposta più semplice, a scoprire il piacere di viaggiare e conoscere cose sempre nuove, a non avere paura del diverso. Mostriamo loro, attraverso l’esempio, il piacere della lettura, dello studio e della conoscenza. Questo non vuol dire renderli topi da biblioteca: vuol dire abituarli ad affrontare il mondo usando il nostro strumento più potente: il cervello. E, per tutti: cerchiamo di essere il meno possibile abitudinari. È facile adagiarsi nella consuetudine, ma ogni tanto è utile fare qualcosa di diverso. Usciamo da quella che in PNL (programmazione neurolinguistica) si chiama “area di comfort”, quella delle azioni note, delle solite persone, delle abitudini consolidate. Basta davvero poco: cambiare strada per andare al lavoro, lavarsi i denti con la mano sinistra (o la destra, se si è mancini), seguire un film in lingua originale, guardare le cose da un punto di vista diverso. Il nostro cervello ci ringrazierà e noi ci sentiremo più vivi.

 

Ci sono persone più propense all’invecchiamento del cervello di altre? È un fattore genetico o dipende dalla tipologia delle attività svolte durante il corso della vita?

Dott. Iannoccari: Le differenze individuali tra le persone si rilevano anche nei livelli di invecchiamento del cervello. Numerosi studi scientifici condotti sui gemelli omozigoti (stesso patrimonio genetico) che sono cresciuti in ambienti diversi hanno messo in evidenza come il fattore genetico sia responsabile per circa il 20% dell’efficienza mentale, mentre il restante 80% è determinato dall’ambiente in cui si è cresciuti. È un dato acquisito che le persone che hanno vissuto una vita ricca e stimolante abbiano minori probabilità di incorrere in patologie neurodegenerative rispetto a chi ha vissuto in un ambiente deprivato e povero di stimoli. Ciò significa che su 100 persone che sono incorse in una patologie tipo Alzheimer, circa 80 hanno una bassa scolarità e nella vita hanno svolto  lavori poco stimolanti.

Dott.ssa Prestia: La propensione all’invecchiamento del cervello dipende sia dal patrimonio genetico sia dall’interazione con l’ambiente. Però , tutto quello che impariamo durante la nostra vita, la cosiddetta riserva cognitiva, costituisce una sorta di protezione che fornisce risorse nel momento di un eventuale processo neuropatologico. Ossia, mantenere il cervello attivo durante il corso della nostra vita può contribuire a contrastare l’effetto dell’invecchiamento del cervello sia fisiologico (invecchiamento sano) che patologico (eventuale sviluppo di demenza).

Dott.ssa Sicchirollo: Non sono un medico, e posso solo dire che, a mio parere, come per tutte le caratteristiche esistono predisposizioni individuali e fattori genetici che non si possono cambiare, ma solo, eventualmente, individuare preventivamente. Al di là delle patologie, però, tutti possiamo esercitare la mente e tenerla più attiva.

 

Le abitudini e la routine possono essere una minaccia per la nostra acutezza mentale?

Dott. Iannoccari:  Le abitudini e la routine ci aiutano a risparmiare tempo e a non investire risorse mentali verso nuove attività, creando però il mancato “guadagno” per la nostra mente che si ottiene quando ci coinvolgiamo in compiti nuovi e insoliti che richiedono di apprendere nuove regole, a tutto vantaggio della flessibilità mentale. Si è dimostrato attraverso studi di neuroimaging (TAC, risonanza magnetica funzionale, TMC, PET, SPECT…) che quando la mente viene attivata da esercizi e stimoli cognitivi, le aree del cervello ad essa correlate si attivano e si rinforzano, creando nuove ramificazioni e ispessendo la materia grigia.

Dott.ssa Prestia: Non le definirei minacce. Diciamo piuttosto  che possono in qualche modo contribuire all’abbassamento del tono dell’umore delle persone. Esiste un rapporto stretto tra la depressione e la memoria: quando siamo annoiati o depressi non prestiamo attenzione alle cose e dunque non stimoliamo il nostro cervello.

Dott.ssa Sicchirollo: Come dicevo prima, le abitudini sono un facile e comodo approdo, ma nemiche della nostra intelligenza perché eseguendo azioni “consuete” il cervello non compie sforzi, è come se eseguisse le azioni automaticamente.

 

Tra le attività consigliate per mantenere la mente allenata c’è il gioco, poiché richiede attenzione e prontezza. Cosa ne pensa?

Dott. Iannoccari: Sono favorevole all’intrattenimento offerto da qualsiasi gioco nuovo. A ben vedere, l’incredibile maturazione del cervello dei bambini passa proprio attraverso il gioco. Se poi il gioco viene svolto in compagnia di altre persone, richiede attenzione, concentrazione e prontezza nello svolgimento. Quindi, le attività ludiche consentono di apprendere nuove regole, nuove informazioni  e nuove “forme” mentali. Arricchiscono le reti neurali (cioè i legami tra le cellule) e stimolano i neuroni a prendere contatti tra loro, accrescendo quelle famose “riserve” di cui si parlava prima.

Dott.ssa Prestia: È verissimo, tanti giochi come il sudoku, gli scacchi, le carte e i giochi di società richiedono prontezza e capacità di risposta ed inoltre le regole da seguire stimolano la memoria.

Dott.ssa Sicchirollo: Il gioco inteso come capacità di concentrazione, impegno, abilità a risolvere piccoli enigmi, elaborazione di strategie e perfino coltivazione di relazioni sociali: certamente sì.

 

Uno studio condotto in Inghilterra (Dott.ssa Julie Winston, Università di Southampton) sostiene che la tombola apporti benefici sul piano cognitivo: bisogna essere concentrati e rapidi per non perdere i numeri, si svolge ad un ritmo elevato e richiede coordinazione tra l’ascolto e la vista. Crede che questo tipo di attività possa contribuire a combattere l’invecchiamento del cervello e a mantenerlo agile ed elastico?

Dott. Iannoccari: Il gioco della tombola, o bingo, contiene diversi elementi che stimolano il cervello, in quanto richiede:  una buona concentrazione per un periodo prolungato. Essendo la concentrazione una dei pilastri fondamentali per il buon funzionamento cognitivo, è opportuno che sia in grado di restare attiva il più a lungo possibile (circa 50 minuti, con una naturale inflessione dopo i primi 20-30 minuti), abilità che invece tende ad essere annichilita dalla frammentarietà della velocità del mondo moderno;  memoria verbale e visiva per i numeri già chiamati e per quelli riportati nelle cartelle; memoria di lavoro (altro pilastro delle facoltà cognitive) che richiede di mantenere il numero nella mente finchè non eseguiamo l’intera ricerca; coordinamento visuo-spaziale per la ricerca rapida del target (numero) sulla cartella. Non da ultimo, preme sottolineare come il gioco della tombola promuove la socializzazione tra le persone, soprattutto “over 50”, che sappiamo essere i più esposti alle condizioni di solitudine “indotta”. A questo proposito, numerosi studi scientifici confermano che le persone che hanno una ricca rete sociale (amicale e parentale)  mantengono attive più a lungo alcune importanti funzioni cognitive come il linguaggio, la memoria e il ragionamento e rischiano meno di incorrere in malattie neurodegenerative tipo il morbo di Alzheimer.

Dott.ssa Prestia: Come gli altri giochi, anche la tombola richiede coordinazione e prontezza e dunque può aiutare. Si tratta di un’attività piacevole che mantiene il cervello impegnato e che inoltre contribuisce alla socializzazione, altro fattore che aiuta a mantenere attive alcune importanti funzioni cognitive.

Dott.ssa Sicchirollo: Non conosco a fondo lo studio ma è sicuro che mantenere la concentrazione e decidere velocemente sono azioni che consentono al cervello di “fare ginnastica” e quindi di restare in allenamento. Una grossa parte, poi, è data dalla componente sociale, indispensabile a ogni età e forse, nella terza età ancora di più, per avere uno stimolo a fare qualcosa, alzarsi, uscire e divertirsi. In una parola: a vivere.

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